mercoledì 24 dicembre 2008


Nella serie infinita dei numeri naturali, esistono alcuni numeri speciali, i numeri primi, divisibili solo per se stessi e per uno. Se ne stanno come tutti gli altri schiacciati tra due numeri, ma hanno qualcosa di strano, si distinguono dagli altri e conservano un alone di seducente mistero che ha catturato l’interesse di generazioni di matematici. Fra questi, esistono poi dei numeri ancora più particolari e affascinanti, gli studiosi li hanno definiti “primi gemelli”: sono due numeri primi separati da un unico numero. L’11 e il 13, il 17 e il 19, il 41 e il 43… A mano a mano che si va avanti questi numeri compaiono sempre con minore frequenza, ma, gli studiosi assicurano, anche quando ci si sta per arrendere, quando non si ha più voglia di contare, ecco che ci si imbatterà in altri due gemelli, stretti l’uno all’altro nella loro solitudine.
Mattia e Alice, i protagonisti di questo romanzo, sono così, due persone speciali che viaggiano sullo stesso binario ma destinati a non incontrarsi mai. Sono due universi implosi, incapaci di aprirsi al mondo che li circonda, di comunicare i pensieri e i sentimenti che affollano i loro abissi. Due storie difficili, due infanzie compromesse da un pesante macigno che si trascina nel tempo affollando le loro fragili esistenze fino alla maturità. Tra gli amici, in famiglia, sul lavoro, Alice e Mattia, portano dentro e fuori di sé i segni di un passato terribile. La consapevolezza di essere diversi dagli altri non fa che accrescere le barriere che li separano dal mondo fino a portarli a un isolamento atrocemente arreso.
Paolo Giordano descrive la parabola di queste due giovani esistenze attraverso parole commosse eppure lucidissime. Il tono del romanzo cresce non appena ci si inoltra nel racconto e nelle vite dei protagonisti. Anche la sintassi e la complessità della frase si evolvono a mano a mano che i due ragazzi crescono, guidandoci in un percorso che conduce lentamente verso significati più acuti. Le descrizioni quasi elementari dei primi capitoli, quando le vite di Mattia e Alice devono ancora incrociarsi, lasciano il posto a una profondità di pensiero imprevedibile e inaspettata. Il linguaggio si affina, le frasi si intrecciano, i pensieri si complicano.
La solitudine dei numeri primi è un romanzo che ci cresce tra le mani, che parte in sordina per esplodere nel finale, è un'opera delicata e terribile allo stesso tempo in cui, al posto degli adolescenti belli e perfetti che affollano le pagine dei romanzi contemporanei, emergono due protagonisti imperfetti e marginali.
I turbamenti e le cicatrici, i fallimenti mai confessati e l’incapacità di vivere quelli che normalmente sono considerati successi, insomma tutta l’umanità scartata dagli altri scrittori, entra nelle pagine di Paolo Giordano. Questo giovane fisico torinese, con la sua opera prima, sposta il baricentro del mondo verso l’angolo oscuro e disprezzato della società, facendo leva, come un moderno Galileo, sulla vita dei suoi ragazzi speciali.
L’ennesima dimostrazione della vivacità che caratterizza la generazione dei trentenni italiani, un esperimento ben riuscito che conferma una regola elementare: a volte basta spostare il punto di osservazione perché un altro universo ci esploda, meravigliosamente, tra le mani.

martedì 23 dicembre 2008

IL SILMARILLION


Il Silmarillion è un'opera multiforme e può essere letta su numerosi piani:
La descrizione di un mondo, uno sfondo per le avventure che sarebbero state narrate successivamente, una scenografia mitica ed epica creata ex-novo.
La narrazione approfondita dei fatti riguardanti le prime tre ere del mondo, come se fosse un'opera storica relativa ad una realtà storicamente esistente (nel legendarium tolkieniano la nostra epoca non è altro che la continuazione di quella, alcune ere dopo).
Una mitologia originale per la cultura inglese, che ne mancava, avendo sempre tratto le proprie leggende dalle altre culture.
Tolkien, grande saggista e studioso medievale, trasse ispirazione dai grandi autori del passato quali Omero e Macpherson, da miti e saghe nordiche e persino dalla Bibbia. Tra le opere più importanti nella formazione del professore di Oxford, che lo portò a creare Il Silmarillion, sono da citare il Kalevala finnico e l'Edda poetica norrena. Riferimenti molto precisi sono poi nell'Ainulindalë, dove si ritrovano i tratti tipici della Genesi biblica e del "racconto degli inizi" presente in molte culture. L'Akallabêth rivisita il mito di Atlantide, già narrato da Platone nel Timeo, richiamando anche la biblica fine di Babele.
Particolarmente appassionato allo studio degli antichi miti e delle lingue, si avvicinò ad un poema anglosassone, il Cristo di Cynewulf, in cui erano presenti i seguenti versi:
Eala Earendel engla beorhtast
ofer middangeard monnum sended
(un saluto a Earendel, il più splendente degli angeli, mandato agli uomini sulla terra di mezzo). Tolkien fu molto colpito da queste parole, tanto che scrisse in seguito a riguardo:
«Provai un curioso tremito, come se qualcosa in me si fosse mosso, risvegliato per metà dal sonno. Avrei trovato qualcosa di molto remoto, strano e bello oltre quelle parole, se fossi stato capace di coglierlo, molto di più del semplice inglese antico.»
In questo nome sta probabilmente l'origine del Silmarillion, passando per un breve componimento del 1914, "Il viaggio di Eärendil, la Stella della sera": Eärendil il mezzelfo è infatti uno dei personaggi di maggior statura del Silmarillion.
L'opera si mantiene per tutto lo sviluppo della narrazione su un tenore tecnico, linguistico e strutturale che risulta assolutamente superiore rispetto ai due romanzi successivi e che in certi passaggi risulta quasi aulico e di difficile lettura e comprensione. Il motivo si può attribuire a due aspetti: il primo legato al processo di scrittura dell'opera che non era ancora arrivata alla versione definitiva, ma soprattutto l'aspetto legato all'argomento trattato. Il Silmarillion è elfo-centrico, soprattutto nelle prime due parti, e gli elfi, amanti della musica e della poesia, hanno uno stile alto: Tolkien stesso, a volte consapevolmente, altre meno, usava lo stile degli elfi nello scrivere, come se essi stessi fossero gli autori.
Quest'opera ha argomento e stile epici, le analogie con la Bibbia si ritrovano in molti punti, ma specialmente nella prima parte (una nuova visione della Genesi), alle parti in prosa si alternano a volte componimenti poetici, il linguaggio è "alto". Il tono epico si rispecchia anche nei valori, nelle gesta, nei sentimenti e nelle descrizioni: un contesto di luci intensissime che si contrappongono a tenebre inenarrabili, facendo da sfondo alle gesta epiche, ma senza speranza, di eroi che vivono intensamente il proprio destino, allo stesso tempo distanti e tormentati interiormente. Un senso di fatalità (nel bene e nel male) e di malinconia permea l'opera. Notevole è il numero dei nomi di luoghi e persone; numerose anche le storie che si intrecciano fra loro e si ramificano dal racconto.

lunedì 22 dicembre 2008

IL CANTO DI NATALE

Il Canto è suddiviso in cinque parti: nella prima si descrive il personaggio di Ebenezer Scrooge (in inglese: "tirchio"), ricco e avaro finanziere, un utilitarista della City che non spende nulla nemmeno per sé e per il quale il Natale è una perdita di tempo (rimprovera Dio stesso per il riposo domenicale che intralcia il commercio e il guadagno).
Talmente infastidito dalle festività, costringe il suo contabile Bob Cratchitt, cui dà uno stipendio da fame, a presentarsi al lavoro anche il giorno dopo quello di Natale molto presto per rifarsi del tempo perduto il giorno prima. Per strada risponde male a tutti coloro che gli fanno gli auguri, incluso l'affettuoso nipote Fred, figlio della defunta sorella che invano lo prega di pranzare con la sua famiglia: l'unica compagnia che conta per Scrooge è quella della sua cassaforte. Per questo accanimento ai soldi è una persona poco amata da tutti i cittadini. Alcuni uomini giungono da lui per chiedere donazioni per i poveri ma lui li scaccia. Tornato a casa, però, gli sembra di intravedere specchiato nel battiporta del portone il volto del defunto socio in affari Marley, morto sette anni prima, visione che lo turba profondamente. Rinchiusosi nella sua vecchia casa, comincia a percepire dei rumori strani: ora quello di un carro funebre che si trascina invisibile sulle scale avvolte nel buio, ora un rumore di catene nella cantina, infine vede oscillare da sola una campanella collegata alla deserta camera antistante, trascinando tutte le altre della casa in un suono assordante e spaventoso.
A questo punto si apre una porta, e compare il fantasma di Marley: una visione tremenda, tanto più terrificante in quanto, scoperte le bende per mostrare il volto, cade la mascella dal viso. Intorno alla vita, una catena forgiata di lucchetti, timbri, assegni, e tutto quel materiale che, secondo l'ammissione di Marley, lo ha distolto dal fare del bene agli altri accumulando denaro tutto per se: il rimpianto per aver vissuto chiuso nel proprio egoismo lontano dalle persone che amava e che lo amavano costituisce la sua pena eterna, una dannazione che lo costringe a vagare per il mondo senza potere vedere la luce di Dio.
Il solo sollievo è ammonire Scrooge, perché la catena che si sta forgiando è ben più lunga e pesante della sua. Se andrà avanti così, anche lui subirà la stessa sorte: Marley gli annuncia allora la visita imminente di tre spiriti: uno che incarna i Natali passati, un altro quello presente, l'ultimo il Natale futuro.

Lo spirito del Natale Passato

Un fantasma circondato da una corona di luce e con un copricapo da pompiere che tiene sul fianco lo riporta indietro nel passato a rivisitare la propria infanzia dimenticata: in una scena è bambino sui banchi di scuola, mandato a studiare in collegio dal padre che lo ha voluto allontanare dalla famiglia: era solo, triste, senza amici, studia in un'aula buia. In un'altra scena, qualche tempo più tardi arriva la sua sorellina, tornata per riportarlo a casa, dopo avere convinto il padre a riprenderlo in famiglia.
È un momento felice, un abbraccio tra i due stretti da un affetto immenso, con il piccolo Scrooge che salta di gioia: è il momento in cui le ruvide labbra del vecchio Scrooge abbozzano un sorriso. Qualche anno dopo è ammesso a fare l'apprendista contabile presso l'anziano e benevolo Fezziwig. Anche qui è Natale, ma Fezziwig fa chiudere l'ufficio prima del tempo e invita i ragazzi a seguirlo a casa sua dove fa una festa sontuosa: nelle piccole follie natalizie dell'allegra compagnia cadono le differenze di classe, si canta e gioca tutti quanti, bambini, giovani e anziani. Fezziwig e la moglie sono degli anfitrioni imbattibili, scherzano e fanno i pagliacci.
Durante il ballo Scrooge conosce quella che diventerà la sua ragazza. Le promette di sposarla: ma solo qualche anno dopo, già ricco, teme di mantenere la promessa perché lei è povera e non gli porterebbe dote. Lei lo lascia andare distrutta, ma da quel giorno Scrooge resterà solo e il suo cuore diventerà sempre più arido. Scrooge grida davanti alla visione di se stesso in preda all'egoismo, sa che sta commettendo l'errore fatale della sua vita e implora l'ombra del giovane Ebenezer di non lasciarla, di correrle dietro, ma invano: il suo alter ego non lo può udire.
Il passato non si può cambiare. Scrooge è disperato, implora il fantasma di non tormentarlo. Molto più tardi, Scrooge assiste a una cena di Natale: riconosce la sua ex ragazza ormai sposata da anni, con tanti figli, povera ma felice. Fa un sarcastico commento su Scrooge al marito. È appena arrivata la notizia che Marley è abbandonato sul letto di morte, neanche il suo amico è lì per confortarlo. Preso dal rimorso, Scrooge schiaccia il copricapo sulla testa del fantasma fino a farlo scomparire: ma la luce chiusa nel cappello inonda tutto il pavimento come un diluvio terrorizzando il vecchio.

Lo spirito del Natale Presente
Scrooge si trova improvvisamente nella sua camera da letto e dorme fino alla notte successiva. Dopo essersi destato incontra il secondo spirito, quello del Natale Presente di dimensioni enormi. Questo spettro conduce Scrooge dalla famiglia di Bob Crachit che sta consumando la cena di Natale, sono tutti felici anche il piccolo e storpio Tiny Tim sebbene vivano in condizioni misere. Il fantasma mostra a Scrooge altre persone che passano il Natale: un gruppo di minatori che intonano un canto di Natale attorno a un focolare, due guardiani di un faro che brindando e cantando sempre attorno a un fuoco si scambiano un Buon Natale e dei marinai su un bastimento in mezzo all'oceano che si scambiano gli auguri e che dedicano un pensiero ai loro cari. Scooge è molto stupito da ciò che ha appena visto. Infine Scrooge e lo spettro sono nella casa di Fred, nipote di Scrooge che sta passando il Natale in allegria con i suoi amici, Fred deride suo zio perché egli insinua che il Natale non esiste.Lo spettro a questo punto si congeda e Scrooge si ritrova ancora nella sua camera da letto.

Lo Spirito del Natale Futuro
Il terzo spirito (il Natale Futuro) si presenta come una figura altissima, avvolta da un nero mantello e un cappuccio da cui nulla traspare se non una mano che sporge da una manica. Invano Scrooge chiede che parli, la figura è silenziosa, e lo guida solo con un dito. Siamo ancora a Londra, e Scrooge assiste a diverse scene il cui argomento è la morte di un vecchio tirchio, deriso da tutti. Due banchieri della city parlano del suo prossimo funerale: mentre uno afferma di andarvi per puro dovere, l'altro, schernendo la tirchieria del defunto, è interessato soltanto a rifarsi a sue spese con la cena gratis del funerale. Un povero padre che era debitore al vecchio non nasconde alla famiglia il sollievo per la sua morte perché a chiunque saranno trasferiti i debiti, il futuro creditore sarà sempre più buono di lui. In un negozio di rigattiere, i servi del defunto si dividono tutto quello che hanno potuto rubare in casa sua, incluse le tende del baldacchino che ne proteggevano il corpo e la camicia sottratta dal suo abito funebre: l'ammontare totale è venduto al rigattiere tra le risate di tutti. Intanto un profondo dolore ha colpito i Cratchitt: Tiny Tim è morto di stenti. È lutto profondo, dolore immenso. Scrooge vorrebbe sapere chi è il vecchio tanto odiato da tutti, ma quando il fantasma lo porta davanti al capezzale non osa scoprire il lenzuolo che ne ricopre interamente la salma. Scrooge vede che la sua casa è stata venduta, e pure la sua ditta, vorrebbe entrare, ma il fantasma indica invece un'altra direzione: Scrooge entra nel cimitero, dove la mano dello spettro indica una lapide con scritto: Ebenezer Scrooge! Il pentimento è completo, il messaggio è andato fino in fondo al cuore di Scrooge.

Il ravvedimento
Scrooge si ritrova nel letto e scopre che è mattina presto, il Natale ha fatto il suo ingresso, glielo conferma un ragazzo che passa sotto la sua finestra. Forte della lezione ricevuta manda il ragazzo a comprare il piu' grosso tacchino in vendita al negozio li' vicino e premiandolo con una corona glielo fa portare a casa di Bob Cratchit quindi, sbarbato e ripulito, esce per strada salutando tutti con affabilita' e trova la forza di presentarsi a casa di suo nipote che lo aveva invitato per Natale, accolto con calore passa il piu' bel Natale della sua vita. La mattina dopo nel suo ufficio aspetta l'arrivo di Cratchit che si presenta in ritardo e ancora ignaro del cambiamento del suo datore di lavoro in un primo momento lo prende per pazzo ma Scrooge lo tratta da quel momento da amico, gli dà un notevole aumento di stipendio e le vacanze tanto meritate scusandosi con lui. Si prende cura della sua famiglia e soprattutto di Tiny Tim, che guarisce. Con i Cratchit si instaura un profondo legame di amicizia. Da allora Scrooge diventa una delle persone più amate, e trova finalmente la pace dell'anima.

venerdì 19 dicembre 2008

Lo Hobbit o la riconquista del tesoro (titolo originale: The Hobbit, sottotitolato There and Back Again, cioè "Andata e ritorno") è un romanzo fantasy scritto da John Ronald Reuel Tolkien. La sua prima pubblicazione risale al 21 settembre 1937. Il seguito di questo romanzo sarà costituito da Il Signore degli Anelli (The Lord of the Rings), pubblicato tra il 1954 ed il 1955 in 3 volumi.
Lo Hobbit può essere considerato l'antesignano di tutta l'opera narrativa sulla Terra di Mezzo; in esso hanno principio o spunto, anche se in forma di abbozzo rispetto a quanto sarà il corpus finale dell'opera, gli altri libri. L'Unico Anello sarà il tema centrale de Il Signore degli Anelli, mentre le antiche spade elfiche di Gondolin riportano alle storie narrate nel Silmarillion, opus maximum dell'autore, lasciato incompiuto e pubblicato postumo dal figlio. Il tema dell'eroismo è centrale nell'opera, che è stata vista come una parabola della Prima Guerra Mondiale dove contadini o persone della campagna in genere sono costrette a compiere atti di eroismo.
Lo Hobbit e gli altri due libri costituiscono un unico racconto che si dipana fra le quattro Ere in cui Tolkien divideva la sua subcreazione. Nella Prima Era, raccontata nel Silmarillion, hanno luogo la creazione del mondo assieme alla genesi delle varie razze (a parte quella degli Hobbit) e le vicende relative al primo Signore Oscuro, Melkor; durante la Seconda Era, su cui si possono trarre informazioni attraverso le appendici a Il Signore degli Anelli e l'Akallabêth, una sezione del Silmarillion, assistiamo alla salita e alla caduta del grande regno degli Uomini di Númenor e alla creazione degli Anelli di Potere a opera degli Elfi, aiutati in questa impresa da Sauron, nuovo Signore Oscuro, poi sconfitto dall'Ultima Alleanza di Uomini e Elfi. La Terza Era è quella in cui hanno luogo gli eventi de Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit; durante essa si svolgono le vicende dei regni fondati dai Númenoreani superstiti, la missione ai danni del drago Smaug e gli episodi della Guerra dell'Anello contro il tornato Sauron. Durante gli ultimi anni della Terza Era, a eroi Elfi, Umani e Nani di altissimo lignaggio si accostano i piccoli Hobbit della Contea, sbalzati al centro degli eventi dai fatti narrati ne Lo Hobbit. Infine, nella Quarta Età, alla quale non è stata dedicata alcuna opera, ma i cui primi anni si possono trovare riassunti nelle appendici a Il Signore degli Anelli, gli Uomini prendono definitivamente le redini della Terra di Mezzo, mentre le altre razze si avviano a scomparire. Tolkien non scriverà storie ambientate nella Quarta Era del mondo, perché per lui la Terra di Mezzo perde assieme agli Elfi tutto il suo fascino e la sua bellezza.
Tolkien immagina il suo fantastico mondo in questa prima opera come un passato remoto del nostro, tant'è che gli Hobbit sono indicati come esseri che vivono ancor oggi e che, per quanto siano molto difficili da vedere, un tempo ebbero un ruolo ruole cruciale nell'estirpare il Male dal mondo che noi conosciamo.

mercoledì 17 dicembre 2008


È l’anno 1999 e ci troviamo in Francia, nella regione della Dordogna. Il dottor Edward Johnston è a capo di una missione di ricerca archeologica vicino alla Dordogna, il fiume situato nell’omonima regione, dove un tempo sorgevano i castelli di Castelgard, La Roque ed il monastero della Sainte-Mére. Queste ricerche erano finanziate da una fabbrica di meccanica quantistica, la ITC, il cui presidente, Robert Doniger, invita Johnston nella sua sede e gli mostra le nuove apparecchiature tecnologiche inventate dalla sua azienda: macchine per viaggiare da un multiverso all’altro. Tecnicamente non è possibile viaggiare nel tempo, ma i multiversi, (universi paralleli al nostro) sono apparentemente uguali, ma possono appartenere ad epoche diverse dalla nostra, sia passate che future. Venuto a conoscenza di questa possibilità, il professor Johnston si precipita nel XIV secolo, alla ricerca di notizie che avrebbero aiutato lui e i suoi compagni nella ricostruzione del sito al quale stavano lavorando ormai da due anni. Si verifica però un inconveniente: a causa di quanto accaduto nell’altro multiverso, rispetto alle due ore previste originariamente, sono ormai trascorsi tre giorni senza che il professore abbia fatto ritorno alla base. Per questo motivo, alcuni membri dell’ITC, incaricati dal loro presidente, prelevano dal sito degli scavi quattro ricercatori (Chris Hughes, Kate Erickson, André Marek e David Stern), collaboratori del professor Johnston, con il preciso intento di inviarli nel passato per salvarlo. Chris, Kate ed André vengono quindi inviati in un multiverso risalente al XIV secolo, insieme a due dipendenti dell’ITC che avevano già provato quell’esperienza ed avevano una certa preparazione, mentre David Stern si rifiuta di seguirli ed offre la sua collaborazione per far tornare a casa i compagni. Imparata la lingua antica grazie ad un registratore di cui ascoltano il contenuto durante il sonno e forniti di particolari auricolari con funzioni sia di traduttore simultaneo che di ricetrasmittente, i cinque prescelti hanno a loro disposizione solo 37 ore di tempo per recuperare il professore. Appena arrivati nei boschi della Dordogna del 1357, non tutto si svolge come previsto: i due membri dell’ITC vengono subito uccisi con brutalità, senza alcuna ragione, da alcuni cavalieri capitanati da Sir Guy de Malegant. Poco prima di morire, uno dei due, che aveva contravvenuto al divieto di portare con sé armi oppure oggetti appartenenti al presente, nel momento stesso in cui riesce a tornare alla base di partenza, fa esplodere una granata che aveva azionato nel passato, distruggendo il laboratorio e condannando i suoi ex compagni di avventura a non poter più tornare indietro. I tre ricercatori, invece, si salvano grazie ad alcune circostanze fortuite: infatti, mentre Chris viene fatto allontanare da un ragazzino (rivelatosi solo in seguito lady Claire, una nobildonna del regno che lo accompagna sino a Castelgard), Marek e Kate si allontanano per poter recuperare un prezioso “chip” elettronico, indispensabile per il loro ritorno a casa. Giunti all’interno di Castelgard, Marek e Chris si trovano ben presto coinvolti in una giostra medievale: Chris, impreparato, si salva miracolosamente seguendo i consigli del suo amico Marek, il quale, da sempre allenato per questo tipo di gare, riesce a sconfiggere Sir Guy, che però si vendica, ordinando l’uccisione dei due amici che l’avevano disonorato. Kate li aiuta a fuggire, ma i tre, da quel momento in poi, saranno costantemente minacciati dai soldati di Sir Oliver, Sir Guy e Sir Robert de Kere. Sir Oliver, avendo capito che il professor Johnston aveva scoperto l’ubicazione del passaggio segreto che permetteva di entrare, non visti, nell’impenetrabile fortezza di La Roque, lo aveva imprigionato nelle sue segrete. il professore fu costretto ad insegnare a Sir Oliver nuove e più efficaci tattiche di attacco e di difesa, nonché a costruire nuove armi. Nel frattempo, grazie a ciò che il professore aveva loro insegnato, i tre ricercatori riescono a trovare il passaggio segreto che li avrebbe condotti all’interno dell’inespugnabile castello di La Roque. Scoprono inoltre che Sir Robert de Kere altri non era che un ex marine, Robert Deckard, inviato in precedenza dall’ITC nello stesso universo parallelo, il quale era impazzito in seguito ad errori di “trascrizione” (problemi nel “caricamento” delle informazione relative ad un oggetto o ad un essere vivente. In seguito a questi errori, le cose tornano indietro, nel presente, “sbagliate”. I primi problemi si presentano dapprima a livello psichico (mentre in seguito si manifestano anche a livello fisico, deformando gradualmente la persona), al punto che Sir. Robert de Kere era arrivato addirittura ad uccidere una persona. Inseguito dalla polizia, aveva chiesto di effettuare il suo ultimo viaggio nel tempo… dal quale non aveva più fatto ritorno. Deckard, ora, non voleva che i tre archeologi, così come lui, che non poteva più farlo se non rischiando la propria vita, facessero più ritorno nel presente. Era ormai scoppiata l’ennesima battaglia fra Arnaut e Sir oliver; il primo era francese, mentre il secondo, inglese, si era impadronito con la forza di quelle terre, uno dei tanti scontri che si susseguirono durante la guerra dei cent’anni. Kate, Chris e Marek riescono quindi ad entrare a La Roque (Marek spacciandosi per assistente di Johnston, mentre gli latri due utilizzando il passaggio segreto, ma non senza prima essersi battuti contro molti uomini di Arnaut ed aver ucciso Sir Guy). Nel frattempo, i membri della ITC e Stern erano riusciti, pur con molte difficoltà e non senza più di una incognita, a ricostruire la “macchina del tempo”. Arnaut e André, intanto, scoprono Sir Oliver nell’atto di torturare Johnston e lo uccidono, liberando il loro professore, mentre Chris uccide Sir Robert de Kere. Il gruppo, finalmente ricostituitosi, riesce a sfuggire al caos del conflitto e a far ritorno al luogo dove si trovava nascosta la macchina che avrebbe assicurato loro il ritorno al 1999. Mentre Chris, Kate ed il professore iniziano il viaggio di ritorno, André, che aveva sempre sognato di poter vivere nel Medioevo, all’ultimo momento decide di rimanere nel passato e di sposare Lady Claire. Finalmente il gruppo fa ritorno al presente e, “per punizione”, spedisce Robert Doniger nel passato, proprio nel secolo in cui la peste la faceva da padrone.

giovedì 11 dicembre 2008

IL CANTO DELL'ELEFANTE


Il canto dell'elefante è un romanzo d'avventura, ambientato in Sud Africa e Zimbabwe.
Il protagonista principale è il dottor Daniel Armstrong, nato e cresciuto in Zimbabwe, Paese in cui è in atto una terribile carneficina di elefanti, sfruttati dai contrabbandieri per il traffico internazionale di avorio, ecc.
Armstrong avrà modo di frequentare il direttore del parco nazionale e di conoscere l'ambasciatore Ning Cheng Gong. Scoprirà, lentamente, che oltre i traffici consueti si celano trame internazionali ancora più torbide e inquietanti, che interessano organizzazioni trasversali africane, europee ed asiatiche. I progetti criminali di queste organizzazioni rischiano però di calpestare e mettere a repentaglio la sopravvivenza anche di un singolo stato africano.

mercoledì 10 dicembre 2008

I MALAVOGLIA

Presso il paesino di Aci Trezza nel catanese vive la famiglia Toscano che, nonostante sia decisamente laboriosa, viene soprannominata (per antifrasi) Malavoglia. Il patriarca è Padron 'Ntoni, vedovo, che vive presso la casa del nespolo insieme al figlio Bastiano detto Bastianazzo, sposato con Maria detta Maruzza la Longa, nonostante sia di statura tutt'altro che elevata. Bastiano ha cinque figli: 'Ntoni, Luca, Filomena detta Mena, Alessio detto Alessi e Rosalia detta Lia. Il principale mezzo di sostentamento è la "Provvidenza" (piccola imbarcazione utilizzata per la pesca). Nel 1863 'Ntoni, il maggiore dei nipoti, parte per la leva militare. Per far fronte alla mancanza, padron ‘Ntoni tenta un affare comprando una grossa partita di lupini - peraltro avariati - da un suo compaesano, chiamato Zio Crocifisso per via delle sue continue lamentele e del suo perenne pessimismo. Il carico, affidato al figlio Bastianazzo perché vada a venderlo a Riposto, si perde in un naufragio in cui perde la vita Bastianazzo. A seguito di questa sventura, la famiglia si ritrova con una triplice disgrazia: il debito dei lupini, la Provvidenza da riparare e la perdita di Bastianazzo e quindi di un membro importante della famiglia. Finito il servizio militare, 'Ntoni torna molto malvolentieri alla vita laboriosa della sua famiglia, e non rappresenta alcun sostegno per la già precaria situazione economica del nucleo familiare. Purtroppo, le disgrazie per la famiglia non terminano. Luca, uno dei nipoti, muore nella battaglia di Lissa (1866) e questo determina la rottura del fidanzamento di Mena con Brasi Cipolla. Il debito causerà alla famiglia la perdita dell'amata Casa del nespolo e via via la reputazione della famiglia andrà peggiorando fino a raggiungere livelli umilianti. Un nuovo naufragio della "Provvidenza" porta Padron 'Ntoni ad un passo dalla morte, dalla quale, fortunatamente, riesce a scampare. In seguito Maruzza, la nuora, muore di colera. Il primogenito 'Ntoni decide di andare via dal paese per far ricchezze, ma, una volta tornato ancora più impoverito, perde ogni desiderio di lavorare dandosi all'alcolismo e alla nullafacenza. La partenza di 'Ntoni costringe la famiglia a vendere la Provvidenza per risparmiare i denari accumulati per riacquistare la casa del nespolo, mai dimenticata. La padrona dell'osteria Santuzza, già ambita dallo sbirro Don Michele, a causa dei numerosi intrallazzi di quest'ultimo, si invaghisce di 'Ntoni, mantenendolo gratuitamente all'interno del suo locale. La condotta di 'Ntoni e le lamentele del padre la convinceranno a distogliere le sue aspirazioni da 'Ntoni Malavoglia e a richiamare Don Michele all'osteria. Ciò sarà origine di una rissa tra i due. Rissa che sfocerà in una coltellata di 'Ntoni al petto di Don Michele, durante una retata anti contrabbando alla quale il Malavoglia si era dato. 'Ntoni finirà in prigione; Padron 'Ntoni, accorso al processo e sentite le voci circa una relazione tra Don Michele e sua nipote Lia, stramazza al suolo. Ormai vecchio, il suo salmodiare si fa sconnesso e i suoi proverbi pronunciati senza cognizione di causa. Lia, la sorella minore, vittima delle malelingue, lascia il paese e si abbandona all'umiliante mestiere della prostituta. Mena, a causa della vergognosa situazione della sorella, sceglie di rinunciare a sposarsi con compare Alfio, di cui è innamorata, e rimarrà in casa ad accudire i figli di Nunziata e di Alessi, il minore dei fratelli, che continuando a fare il pescatore ricostruirà la famiglia e potrà ricomprare la "casa del nespolo". Acquistata la casa, ciò che resta della famiglia farà visita all'ospedale al vecchio Padron 'Ntoni, per informarlo della compravendita e annunciargli un suo imminente ritorno a casa. Sarà l'ultima gioia per il vecchio che morirà proprio nel giorno del suo agognato ritorno. Neanche il desiderio di morire nella casa dov'era nato sarà dunque esaudito. Quando 'Ntoni, uscito di prigione, ritornerà al paese, si renderà conto di non poter restare a causa del suo passato di detenuto.

martedì 9 dicembre 2008


Sir Francis Courteney è un comandante inglese legittimamente impegnato nella guerra di corsa sugli oceani, contro gli olandesi, per ordine del re Carlo II. Hal (Henry) Courteney ha solo diciassette anni ma ha imparato tutto sull'arte della navigazione e del comando dal padre Francis,sul combattimento e l'uso delle armi da Aboli, marinaio nero liberato dalla schiavitù e da anni al servizio del comandante Sir Francis e tutore del ragazzo. Conquisteranno la De Standvastigheid, una nave delle compagnia Olandese delle Indie Orientali carica di esori dell'Oriente. Qui prenderanno in ostaggio Katinka e suo marito, il governatore di Capo di Buona Speranza, Petrus van de Velde. Li porteranno con loro in attesa che venga pagato il riscatto per la loro vita: si rifugiano nella baia dell'Elefante, una baia naturale sulle coste dell'Africa, sconosciuta ai più, dove Sir Francis nasconde il suo bottino di guerra. Qui riuscirà una prima volta a risponedere all'attacco a tradimento del suo alleato inglese Lord Angus Cochran conte di Coumbrae che cercherà di rubargli il tesoro.
Una volta respinti da Sir Francis, la Gull of Moray, la nave di Lord Cumbrae, fa rotta verso Capo di Buona Speranza, enclave olandese in Africa. Qui scoprirà che in effetti la guerra contro l'Olanda è finita e con l'aiuto di Cornelius Schreuder e dei suoi soldati ritornerà alla baia dell'Elefante e insieme riusciranno a catturare Sir Francis e l'equipaggio della Lady Edwina, e a liberare i van de Velde. Una volta portati al Capo verranno processati: Sir Francis non rivela dove ha nascosto il tesoro e verrà torturato da Stadige Jan e alla fine verrà giustiziato in modo atroce sotto gli occhi del figlio. Gli altri saranno condannati ai lavori forzati a vita, mentre i neri al servizio di Sir Francis verranno venduti come schiavi. In cella conoscerà Althuda in attesa di giudizio e insieme ad esso e con l'aiuto di Aboli e Sukeena entrambi al servizio del governatore van de Velde come schiavi, riusciranno a evadere rocambolescamente dalla prigionia. Tutti insieme si addentreranno nella terra selvaggia dell'Africa, la loro unica via di fuga e l'unica speranza: quella di ritornare alla baia dell'Elefante e riconquistare una nave, lì infatti Lord Coumbrae è tornato per scovare il tesoro di Sir Francis.
Hal Courteney ormai è un uomo e, dopo la morte di Sir Francis, tutti lo riconoscono come legittimo capo della spedizione: attraverso una terra ancora inesplorata e piena di insidie riusciranno a tornare alla baia dell'Elefante e qui oltre alla Gull of Moray troveranno un'altra nave, la Golden Bough del comandante Llewellyn conquistata con l'inganno e il tradimento da Lord Coumbrae e dai suoi scagnozzi. Riusciranno nell'impresa di prendere la Golden Bough e partiranno alla volta della guerra che imperversa nel corno d'Africa tra il regno cristiano di Prete Gianni in Etiopia e il Gran Mogol islamico. Ma soprattutto in cerca della Gull of Moray, del comandante Lord Coumbrae e del colonnello Schreuder, i nemici inesorabili che gli hanno portato via le persone che amava di più, e che ora erano entrambi al servizio del Gran Mogol.

lunedì 8 dicembre 2008

IL RITRATTO DI DORIAN GRAY


Il romanzo è ambientato nella Londra del 19° secolo. Parla di Dorian Gray, un giovane dalla straordinaria bellezza, purezza, ingenuità, capace di trasmettere sensazioni uniche a chi lo circondava. La storia ha inizio nello studio del pittore Basil Hallward, uomo dotato di particolare sensibilità e che prova forti sentimenti nei confronti di questo ragazzo, del quale sta eseguendo il ritratto. Insieme con lui c’è Lord Henry Wotton, mentore cinico e dotato di particolare eleganza. Lord Henry avrà un ruolo decisivo nella vita di Dorian, che conoscerà proprio presso Hallward: infatti, con i sui discorsi estremamente articolati, cattura l’attenzione di questo ragazzo, rendendolo, a poco a poco, quasi l’incarnazione del suo modo di pensare. Infatti Dorian, dopo un lungo discorso con Wotton, comincia a guardare alla bellezza come ad un qualcosa di veramente raro ed importate, tanto da provare invidia verso il suo ritratto, opera davvero superba, e stringere un "patto col demonio", grazie al quale lui sarebbe restato eternamente giovane e il quadro sarebbe invecchiato al suo posto. Dopo una tormentata storia d’amore con un’attrice di teatro di nome Sybil Vane, terminata col suicidio della ragazza, Dorian nasconde il quadro in soffitta e si dà ad una vita sfrenatamente lussuosa, fa lunghi periodi d’assenza per poi ricomparire improvvisamente. Ogni tanto si reca segretamente presso la soffitta per controllare e schernire il suo ritratto che invecchia sempre più giorno per giorno, ma che gli crea anche tanti rimorsi. Finché un giorno, tormentato da uno dei suoi sensi di colpa, lacera il quadro con il coltello col quale aveva ucciso anche il pittore Hallward. I suoi servi troveranno il ritratto incontaminato ed un irriconoscibile, precocemente avvizzito Dorian Gray, morto ai suoi piedi con un coltello conficcato nel cuore.

domenica 7 dicembre 2008

GOMORRA


Il libro è un viaggio nel mondo affaristico e criminale della camorra e dei luoghi dove questa è nata e vive: la Campania, Napoli, Casal di Principe, San Cipriano d'Aversa, Mondragone, Giugliano, luoghi dove l'autore è cresciuto e dei quali fa conoscere al lettore un'inedita realtà.

Una realtà fatta di ville sfarzose di boss malavitosi create a copia di quelle di Hollywood, fatta di una popolazione che non solo è connivente con questa criminalità organizzata, ma addirittura la protegge e ne approva l'operato; l'autore ci racconta di un Sistema (questo il vero nome usato per riferirsi alla camorra) che adesca nuove reclute non ancora adolescenti, facendo loro credere che il loro sia l'unica scelta di vita possibile, di boss-bambini convinti che l'unico modo di morire come un uomo vero sia quello di morire ammazzati[2], e di un fenomeno criminale influenzato dalla spettacolarizzazione mediatica, in cui i boss si ispirano negli abiti e nelle movenze ai divi del cinema.

Saviano ci fa conoscere una realtà fatta di terre dove finiscono quasi tutti i rifiuti sfuggiti ai controlli illegali, pari ad una massa grande il doppio del Monte Everest (è grande però)(ogni anno, secondo una stima di Legambiente, sono quattordici milioni le tonnellate di rifiuti smaltiti illegalmente), di una terra infetta, quella della Campania, dove i morti di tumore sono cresciuti del 21% rispetto al resto dell'Italia. Ci parla di montagne gravide di rifiuti tossici, campagne pregne di sostanze mortali che individui senza alcuna morale hanno sparso vendendo fertilizzanti misti a rifiuti tossici. Tutto questo con il benestare di funzionari pubblici compiacenti e delle aziende stesse che, facendo finta o non volendo sapere dove i propri rifiuti andassero a finire, hanno affidato alla camorra quella che ormai è diventata merce di un traffico di centinaia di miliardi di euro ogni anno, valore inferiore solo a quello del traffico della cocaina.

sabato 6 dicembre 2008

Il codice da vinci


La personalità di Leonardo da Vinci è sempre stata circondata da un alone di mistero. La sua genialità veniva spiata con sospetto da un'epoca grezza e spesso troppo chiusa nelle sue ideologie rigorose. Concepire che un uomo potesse recarsi negli obitori per sezionare corpi di cadaveri e così comprenderne meglio l'anatomia, non risultava infatti del tutto naturale. In un ambiente ancora molto permeato dalle superstizioni era infatti facile scambiare uno studio scientifico approfondito per un'eresia, ma da qui a sostenere che Leonardo avesse optato per un credo pagano e che sfruttasse le istituzioni religiose solo per trarre profitto dalle loro commissioni, c’è molta strada.Le leggende su Leonardo sono molteplici ed ispirano ancora oggi fantasie oltre ogni limite. Il romanzo Il codice da Vinci, di Dan Brown, è l'esempio contemporaneo più evidente di quanto la storia dell'artista susciti ancora numerose curiosità ed altrettante polemiche. Nel testo in questione si analizzano (non sempre correttamente) dal punto di vista simbolico alcune tra le sue opere più importanti. Per citare la più conosciuta, basti pensare alla Monna Lisa: è senza dubbio conturbante pensare al dipinto come ad un autoritratto "al femminile" di Leonardo e spiegarne così l'ambiguo sorriso. È risaputo infatti che egli era molto affascinato da tutte quelle figure definite androgine.Questo spiegherebbe anche l'altra questione sollevata dal romanzo: nell'Ultima Cena la persona seduta alla destra di Gesù è Maria Maddalena, come ipotizza l'autore, e non Giovanni Evangelista, anche se ritratto con lineamenti dolci ed effeminati. Infatti, se si sovrappone il volto di Maria, la madre del Cristo, della Vergine delle Rocce all'Apostolo Giovanni dell'Ultima Cena si può notare una quasi identità di tratti e di espressione. Tornando alla Monna Lisa, la realtà ormai nota è ben altra: si tratta infatti del ritratto della moglie del committente, Francesco Bartolomeo del Giocondo (ed ecco così spiegato anche il motivo del suo secondo e ben più conosciuto titolo). In questo modo si scioglierebbero quei pochi dubbi che un'altra ipotesi, stavolta tirata davvero per i capelli, aveva sollevato e cioè che il nome Monna Lisa potesse essere letto come l'anagramma delle due divinità egizie della fertilità Amon e L' Isa, tanto care ai pagani dell'epoca. Ma perché sempre Leonardo? Perché tutte queste supposizioni riguardo ai suoi capolavori? Certamente fu un grande esperto nel campo del simbolismo e alcune coincidenze apparentemente celate, ma in realtà ben visibili ad un occhio attento, presenti nelle sue opere, lo confermano, tuttavia sembra ingenuo pensare ad uno scopo cospirativo dietro tale conoscenza.Ad alimentare la fiamma di questo focolare è stata soprattutto la "scoperta" (che l'autore del libro considera, nell'ambito del romanzo, come storicamente sicura, ancorché non comprovata dalla storiografia ufficiale) della partecipazione di Leonardo ad una società segreta di tipo massonico, nota con il nome di Priorato di Sion, alla quale sembrano essere legate tante leggende tra le quali quella del Santo Graal. Scopo del Priorato sarebbe stata la custodia di un segreto che avrebbe potuto far crollare il Cristianesimo, ovvero la rivelazione che Cristo non avesse mai posseduto alcun potere divino e che anzi, essendo mortale, avesse sposato Maria Maddalena.La discendenza da lei portata in grembo sarebbe stato dunque il vero Santo Graal che nei primi documenti viene scritto anche Sangreal, da cui la logica linguistica può dedurre Sang Real. Da questo "Sangue Reale" costituito dai figli di Cristo, discenderebbe direttamente la dinastia dei Merovingi. Tale sconvolgente rivelazione si tramanderebbe di generazione in generazione attraverso tre prescelti da un Gran Maestro. Ed è proprio quest’ultimo ruolo che Leonardo pare abbia ricoperto tra il 1510 e il 1519. Nella lista dei Gran Maestri del Priorato comparirebbero altri nomi altisonanti come Nicholas Flamel (1188-1220), Sandro Botticelli (1483-1510), Isaac Newton (1691-1727), Victor Hugo (1844-1885) e Claude Debussy (1885-1918). Da un punto di vista storico l'unico Priorato di Sion di cui si ha notizia certa è stato fondato il 7 maggio 1956 ad Annemasse da Pierre Plantard (e il suo nome non si riferiva al monte Sion in Palestina, ma ad una montagnola nei dintorni di Annemasse). Secondo alcuni la leggenda relativa ad un più antico Priorato è stata divulgata ad arte dallo stesso Plantard

venerdì 5 dicembre 2008


Il nome della rosa è il primo romanzo scritto da Umberto Eco, edito per la prima volta nel 1980. Dopo aver scritto moltissimi saggi, Eco decide di scrivere il suo primo romanzo, dopo alcuni anni di meticolosa preparazione, cimentandosi in un genere abbastanza difficile come il giallo, in particolare con il sottogenere deduttivo.
L'opera è ambientata nel Medioevo e viene presentata come il manoscritto di un anziano frate che ha trascritto un'avventura vissuta da novizio, molti decenni addietro, in compagnia del suo maestro presso un monastero benedettino dell'Italia settentrionale. La narrazione, suddivisa in sette giornate, scandite dai ritmi della vita monastica, vede protagonisti Guglielmo da Baskerville, frate francescano, e il novizio Adso da Melk, il narratore della storia.




« [...] Mi avvedevo ora che si possono sognare anche dei libri, e dunque si possono sognare dei sogni. »

Il Signore degli Anelli (titolo originale in inglese: The Lord of the Rings) è un romanzo epico fantasy scritto da John Ronald Reuel Tolkien e ambientato alla fine della Terza Era, nell'immaginaria Terra di Mezzo.
Scritto a più riprese tra il 1937 e il 1949, fu pubblicato in tre volumi tra il 1954 e il 1955. Tradotto in almeno 38 lingue,[2] con decine di riedizioni ciascuna, resta una delle più popolari opere letterarie del XX secolo.
La narrazione riprende dove si era interrotto un precedente romanzo di Tolkien, Lo Hobbit, ma la storia di «Frodo dalle nove dita e l'Anello del Fato» narrata nel cosiddetto Libro Rosso dei Confini Occidentalisi inserisce ora in un'ambientazione di più ampio respiro, attingendo pienamente al vasto corpus storico, mitologico, linguistico creato ed elaborato dall'autore nel corso di tutta la sua vita. Essa narra della missione di nove Compagni, la Compagnia dell'Anello, la quale rappresenta tutte le genti dei Popoli Liberi della Terra di Mezzo, partiti per distruggere il più potente Anello del Potere, che renderebbe invincibile il suo padrone Sauron se solo ritornasse nelle sue mani.
L'intera saga ha esercitato nel tempo un influsso culturale e mediatico a diversi livelli, ottenendo attenzione sia da parte di critici, autori e studiosi (sono stati infatti prodotti molti saggi e ricerche, anche a livello accademico, sui testi tolkieniani) che da parte di semplici appassionati che hanno dato vita a gruppi e associazioni culturali, come le varie società tolkieniane, sparse in tutto il mondo.
Il romanzo ha ispirato, e continua ad ispirare, libri, videogiochi, illustrazioni, composizioni musicali, ed è stato adattato per la radio, il teatro ed il cinema, come nel caso della recente trilogia diretta da Peter Jackson.














CONTENT="recensione dei libri appartenenti alla mia biblioteca dove chiedo un parere ed un confronto con gli amanti delle letture a scambiarci le opinioni tra di noi ">